[:it]Facebook, spazio di grande interesse sia sociale che commerciale. Un nuovo modo di condividere i propri pensieri, idee e spunti lavorativi. Una nuova piazza multimediale.

Tale affermazione, che in un primo momento potrebbe sembrare una mera e semplice asserzione di carattere “para-sociopolitico” , si sta in realtà rilevando sempre più di interesse giuridico. Ci si chiede infatti, ma cosa può accadere se si pubblica sul proprio profilo un commento offensivo, falso o semplicemente volgare? Deve ritenersi che detto comportamento sia effettivamente posto in essere in un luogo pubblico o, addirittura, per mezzo stampa?

A tale domanda, che come si può capire, non è più di poco interesse, ha risposto il primo di ottobre il Tribunale di Livorno. La Corte su punto ha deciso la condanna di una donna per “diffamazione”, con l’aggravante “mezzo stampa”, poiché ha insultato il proprio ex datore di lavoro (che l’aveva licenziata) sul proprio profilo Facebook.

Il tribunale di Livorno, ha dato pertanto vita ad un nuovo orientamento nella giurisprudenza di merito, ponendosi in controtendenza con un orientamento giurisprudenziale della Cassazione, in base al quale “ai fini della configurabilità di una fattispecie criminosa come reato commesso con il mezzo della stampa, le definizioni che di stampa e stampati fornisce l’art. 1, l . n. 47 del 1948 non sono suscettibili d’interpretazione analogica e/o estensiva.

Sarà quindi necessario che ogni utente ponga sempre più attenzione ai commenti postati su FB, posto che questi oltre ad avere delle conseguenze prettamente sociali e relazionali, possono addirittura profilare una eventuale responsabilità civile e penale.

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