Nel rapporto di agenzia, può accadere che l’agente, nello svolgimento delle proprie mansioni, cagioni un danno a un  terzo; in tal caso si pone il problema se il preponente possa essere chiamato a rispondere per i danni causati al terzo e, quindi, essere ritenuto indirettamente responsabile ex art. 2049 c.c. per il danno cagionato al terzo. Tale norma dispone che:

i padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.”

Da una lettura di tale articolo, si comprende che gli elementi costituitivi della responsabilità del “padrone e committente” sono:

  • la sussistenza di un fatto illecito che ha prodotto un danno ad un terzo;
  • il fatto che il danno è stato cagionato da un preposto (che non necessariamente si identifica in un rapporto di lavoratore subordinato);
  • che il danno sia stato causato (o comunque agevolato) nell’esercizio delle mansioni a cui il preposto era stato incaricato.[1]

Secondo la giurisprudenza la responsabilità ex art. 2049 c.c. ha “natura oggettiva”[2] e ciò implicata che i committenti non possono proporre alcuna prova liberatoria della loro responsabilità, con la conseguenza che gli stessi rispondono indirettamente del fatto altrui, indipendentemente dalla sussistenza o meno, di una colpa nella scelta o nella vigilanza del preposto.[3] In poche parole, i responsabili del danno sono due soggetti (il preposto e il preponente), distinti tra loro, seppure uno solo di essi è stato l’autore del fatto dannoso.

Il classico esempio di applicazione di tale norma è quello del lavoro subordinato: in tale caso il preponente è tenuto a rispondere per il fatto illecito compiuto dal proprio dipendente, in forza del l’incarico che è stato allo stesso conferito. Ad ogni modo, è importante sottolineare che, la giurisprudenza maggioritaria, da tempo afferma che ai fini dell’applicazione della responsabilità ex art. 2049 c.c., è sufficiente che il soggetto preposto agisca per conto del committente in virtù di un vincolo di subordinazione inteso in senso lato.[4]  Si legge infatti che:

affinché operi il regime di responsabilità sancito dall’art. 2049 c.c., è sufficiente che l’autore dell’illecito sia inserito, anche se temporaneamente od occasionalmente, nell’organizzazione aziendale ed abbia agito, in questo contesto, per conto e sotto la vigilanza dell’imprenditore.

Posto che il rapporto di agenzia è un rapporto di natura appunto parasubordinato e, in quanto tale, potenzialmente inquadrabile come lavoro di subordinazione “in senso lato”, ci si domanda se la fattispecie la responsabilità ex art. 2049 c.c, sia applicale anche a detta tipologia contrattuale.

Secondo una autorevole dottrina[5] non possono trovare applicazione nel rapporto di agenzia le disposizioni di cui all’art. 2049 c.c., posto che tale istituto presuppone per la sua applicazione un vincolo di dipendenza e di subordinazione, seppur avente anche carattere meramente occasionale, o temporaneo; tale rapporto di dipendenza non si riscontra in una fattispecie contrattuale quale quella del contratto di agenzia, essendo l’agente configurabile piuttosto quale collaboratore autonomo del preponente.

Contrariamente, parte della giurisprudenza[6] ha affermato che il preponente è responsabile indirettamente del fatto illecito dell’agente, nel caso quest’ultimo operi in qualità di rappresentante. Sul punto:

l’attività dell’agente, che è un mandatario del preponente, costituisce fonte di responsabilità indiretta del mandante, ai sensi dell’art. 2049 c.c., solo quando l’agente si sia avvalso della sua qualità di rappresentante per consumare l’illecito.”

Tale orientamento espande i limiti della responsabilità del preponente, anche nel caso in cui l’agente (imp! operante sempre come rappresentante), agisca colposamente con modalità diverse da quelle impartitegli, ovvero addirittura oltre i limiti conferitigli.[7] Punto fondamentale è il fatto che il preposto, esercitando l’incombenza a cui è adibito, ancorché con modalità diverse dalle disposizioni del committente o anche oltre i limiti ad essa posti, abbia causato il danno ingiusto ad altri.[8]

Si legge un più recente orientamento della Cassazione, che non esclude l’applicabilità dell’art. 2049 c.c. anche in caso in cui l’agente abbia agito senza alcun potere di rappresentanza:[9]

Ai fini della responsabilità solidale ex art. 2049 c.c. del committente è sufficiente un rapporto di occasionalità necessaria tra il fatto dannoso e le mansioni esercitate dal preposto, che ricorre quando l’illecito è stato compiuto sfruttando comunque i compiti da questo svolti, anche se egli ha agito oltre i limiti delle sue incombenze e persino se ha violato gli obblighi a lui imposti.”

La sentenza continua statuendo che:

Non è necessario che sussista uno stabile rapporto di lavoro subordinato tra i due soggetti, essendo sufficiente che l’autore del fatto illecito sia legato al committente anche solo temporaneamente od occasionalmente e che l’incombenza disimpegnata abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso.

In particolare, quella del committente è una responsabilità̀ di natura oggettiva ispirata a regole di solidarietà̀ sociale, tesa ad attribuire – secondo la teoria della distribuzione dei costi e dei profitti – l’onere del rischio a colui che si giova dell’opera di terzi.  […] In quest’ottica la giurisprudenza civile, in tempi più recenti, è giunta a riconoscere la responsabilità̀ del committente per l’attività illecita posta in essere dall‘agente anche privo del potere di rappresentanza, richiedendosi in tal senso soltanto che la commissione dell’illecito sia stato agevolato o reso possibile dalle incombenze demandate a quest’ultimo e che il committente abbia avuto la possibilità di esercitare poteri di direttiva e di vigilanza”

Se si segue tale ultimo orientamento giurisprudenziale, si può affermare che il contratto di agenzia non è, di per sé, estraneo all’ambito di applicazione dell’art. 2049 c.c., nemmeno nell’ipotesi in cui il suo contenuto sia quello del mandato senza rappresentanza.

Come si è già avuto modo di rilevare, la responsabilità ex art. 2049 c.c. rientra tra le responsabilità oggettive, con la conseguenza che non viene conferito al preponente la possibilità di fornire una prova liberatoria basata sull’assenza di colpa nella scelta o nella vigilanza del preposto da parte del preponente; ne consegue che il preponente può difendere la propria posizione, dimostrando unicamente che non sussistono i presupposti per l’applicazione della norma oggetto di esame, e pertanto provare:

  • che non sussiste il rapporto di preposizione con il soggetto che ha commesso l’illecito;
  • che non sussiste il nesso causale tra le incombenze affidate e la consumazione dell’illecito;
  • l’insussistenza del fatto illecito.

Contrariamente sarà onere del danneggiato dimostrare che:

  • si è verificato un illecito fonte di danno;
  • il rapporto di vigilanza tra preponente e agente;
  • l’evento che ha prodotto il danno sia in rapporto di causalità o, quantomeno, di occasionalità necessaria con l’esercizio delle mansioni per le quali era stato adibito.

Da ultimo, si evidenzia brevemente che in linea di massima l’agente può essere ritenuto responsabile ex art. 2049 c.c. per l’operato di un subagente, qualora dall’istruttoria del Giudice di merito si accerti l’effettivo inserimento del subagente nell’organizzazione dell’impresa dell’agente, con conseguente diritto di quest’ultimo di vigilanza e di controllo del subagente stesso.[10]

__________________

[1] Cass. Civ. 2002 n. 26503; sul punto cfr. Gualtierotti, La responsabilità del preponente per fatto illecito dell’agente, in Agenti & rappresentanti di commercio – n. 4/2014.

[2] Cass. Civ. 2001 n.  8381; Cass. Civ. 2000 n.  3536.

[3] Sul punto cfr. Commentario Codice Civile, 2009,  art. 2049, pag. 84 ss.  COMPORTI, GIUFFRE EDITORE

[4] Sul punto cfr. Commentario breve al codice civile, CIAN TRABUCCHI, art. 2049, CEDAM, 2016.

[5] BALDI – VENEZIA, In contratto di agenzia, pag. 306 ss., Giuffrè Editore.

[6] Cass. Civ. 1995 n. 12945

[7] Cass. Civ. 2014, n. 23448 “Il principio dell’apparenza del diritto, mediante il quale viene tutelato l’affidamento incolpevole del terzo che abbia contrattato con colui che appariva legittimato ad impegnare altri, trova operatività alla duplice condizione che sussista la buona fede di chi ne invoca l’applicazione e un comportamento almeno colposo di colui che ha dato causa alla situazione di apparenza. (Cassa con rinvio, App. Bologna, 21/01/2011).” In senso Contrario BALDI – VENEZIA, In contratto di agenzia, pag. 306 ss., Giuffrè Editore. “Giova peraltro rilevare che, poiché ai sensi dell’art. 13939 c.c. il terzo che contratta con l’agente può sempre esigere che questi giustifichi i suoi poteri di rappresentanza, non potendo tali poteri presumersi, non può invocarsi da esso terzo una responsabilità del preponente qualora l’agente ecceda i limiti dei poteri conferitigli, ovvero agisca in funzione di poteri di rappresentanza che non ha.

[8] Sul punto cfr. Codice Civile commentato, Plurisdata, art. 2049 c.c., 2014 Wolters Kluwer Italia Srl.

[9] Cass. Pen. 2016, n. 7124.

[10] Cass. Civ. 2014 n. 23448; Cass. Civ. 2012 n. 7634.